La guerra dei portafogli: introduzione

Questa pubblicazione è la parte 1 di 4 della serie La guerra dei portafogli.
portafoglio

Come avevamo annunciato, oggi lanciamo una nuova serie di articoli dedicati all'analisi approfondita delle diverse strategie di asset allocation. La nostra valutazione non si limiterà solo alla performance, ma includerà anche uno studio dettagliato dei rischi associati. Nel mio lavoro"Le determinanti della ricchezza", ho già condotto un'analisi approfondita di molti portafogli di investimento. Per questa serie, invece di riesaminare tutti questi portafogli, ci concentreremo innanzitutto sulle strategie più affidabili, per poi esplorare approcci più innovativi e meno convenzionali.

ETF

Coglierò l'occasione per affrontare il tema degli ETF (exchange traded fund), che costituiscono le diverse classi di attività all'interno dei portafogli di investimento. La loro crescita è così sorprendente che presto potrebbero superare in numero le stesse società quotate. Le statistiche attuali mostrano che ora esiste un ETF ogni quattro società sui mercati azionari globali. Mentre il numero delle società quotate aumenta solo di 3 % all'anno, quello degli ETF registra una crescita spettacolare di quasi 15 % all'anno. Questa proliferazione rende sempre più complessa la navigazione nel mondo degli ETF. Osserviamo qui un sorprendente paradosso: questi strumenti finanziari, inizialmente progettati per semplificare gli investimenti consolidando l’offerta, finiscono per creare una frammentazione controproducente del mercato.

L’importanza dell’asset allocation

Perché parlare di portafogli? Non è più importante concentrarsi sui singoli titoli o investire direttamente in un ETF che costituisce già, come tale, un portafoglio?

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Soprattutto è importante rispettare il principio fondamentale della diversificazione, come sottolinea la saggezza popolare: “Non bisogna mettere tutte le uova nello stesso paniere”. Ad esempio, un portafoglio composto solo da una ventina di titoli di società svizzere non può essere considerato veramente diversificato. Il problema non risiede tanto nel numero di titoli detenuti, quanto piuttosto nella doppia concentrazione dei rischi: da un lato su un’unica asset class – le azioni – e dall’altro su un’unica area geografica. Questo approccio monolitico espone l’investitore a un’eccessiva vulnerabilità alle fluttuazioni del mercato.

Inoltre, va notato che detenere un unico ETF, anche molto diversificato, non è privo di rischi. Prendiamo ad esempio il caso di GAL, gestito da SPDR (SSGA). La sua attuale composizione è così distribuita: un terzo in azioni americane, un quarto in azioni internazionali (esclusi gli Stati Uniti), un terzo in obbligazioni e il resto in liquidità. La composizione intrinseca di questo ETF non è di per sé problematica, anzi, presenta addirittura un livello di diversificazione molto apprezzabile per uno strumento di questo tipo.

Il problema maggiore risiede nell’eccessiva concentrazione del portafoglio su un unico ETF. Sebbene l’emittente SSGA goda di una solida reputazione, non sarebbe saggio escludere completamente i rischi di frode o di inadempimento della controparte. La recente storia finanziaria ci ha dimostrato, più e più volte, che anche le istituzioni finanziarie più prestigiose e apparentemente solide possono sperimentare battute d’arresto drammatiche. Pertanto, non è saggio investire una parte sostanziale del proprio capitale in un unico ETF (ad eccezione degli investitori principianti con un patrimonio modesto, per i quali questo approccio può costituire un punto di partenza pragmatico nel loro percorso di investimento).

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Volatilità

Il secondo motivo principale per prestare particolare attenzione all'allocazione del proprio patrimonio risiede nel controllo del volatilità. Quest'ultima è intrinsecamente legata ad una oculata e metodica diversificazione degli elementi costitutivi del portafoglio di investimento. Sebbene la performance rimanga un criterio essenziale, non può essere considerata l’unico fattore decisionale. Se così fosse gli investitori concentrerebbero i propri investimenti esclusivamente su bitcoin, il cui rendimento medio annuo supera i 100 %. A un tale tasso di redditività, tutti raggiungerebbero rapidamente la ricchezza. Se questa strategia non è adottata universalmente è perché comporta rischi significativi che devono essere presi in considerazione.

Innanzitutto, anche quando ci consideriamo psicologicamente forti, tendiamo generalmente a minimizzare notevolmente l’influenza delle fluttuazioni del mercato azionario sul nostro stato emotivo e, quindi, sulla nostra capacità di prendere decisioni razionali. È particolarmente difficile mantenere la calma di fronte alle fluttuazioni dei mercati finanziari, perché siamo naturalmente inclini a diventare eccessivamente entusiasti in caso di forti rialzi e, al contrario, a lasciarci prendere dal panico durante cali significativi.

Inoltre, il futuro resta, per sua natura, imprevedibile. Sebbene il Bitcoin ha conosciuto un’ascesa spettacolare nell’ultimo decennio, nessuno può prevederne con certezza l’evoluzione futura. Questa criptovaluta potrebbe continuare la sua notevole crescita nei prossimi dieci anni, mantenere una certa stabilità o, al contrario, subire un calo significativo che la riporterebbe ai suoi valori iniziali. La cautela e una prospettiva a lungo termine rimangono quindi essenziali di fronte a queste incertezze inerenti ai mercati finanziari.

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Infine, come spiego in dettaglio nel mio libro, la volatilità costituisce un importante rischio intrinseco, in particolare durante la fase di prelievo di capitale. Un’asset allocation troppo esposta a investimenti rischiosi e con una diversificazione inadeguata può compromettere seriamente la sostenibilità finanziaria e portare a risorse insufficienti in un momento critico. Questa vulnerabilità deve essere anticipata e gestita con la massima attenzione in qualsiasi strategia di investimento a lungo termine.

Di conseguenza, una prudente diversificazione delle classi di attività all’interno di un portafoglio è essenziale, consentendo così di controllare e mitigare efficacemente tutti questi rischi finanziari.

Il nostro prossimo articolo sarà dedicato ad un'analisi approfondita degli ETF (exchange traded fund). Anche se preferisci l'investimento diretto in azioni, obbligazioni, oro o immobiliare, è rilevante interessarsi a questi strumenti finanziari. La maggior parte di essi, infatti, replica gli indici e rappresenta quindi diverse classi di attività. Questa caratteristica li rende strumenti preziosi per ottimizzare la strutturazione di un portafoglio di investimenti, indipendentemente dal fatto che scegliamo di integrarli o meno nella nostra strategia finale.

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2 commento su “La guerre des portefeuilles : intro”

  1. Grazie pazienza. Il seguente articolo (sugli ETF) è già in fase avanzata. Richiede ancora qualche giorno di lavoro, perché più avanzo sull'argomento, più solleva questioni secondarie.

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